Pensare la politica
Subito dopo aver preso dimestichezza con la capacità di esprimersi verbalmente, nella vita di un bambino c’è un momento in cui una parola diventa il tormento di genitori, nonni, zii, educatori: “perchè”.
Un “perchè” ripetuto, all’apparenza ossessivo, quasi fastidioso per chi riceve la domanda.
Ma quel “perchè” diventa la dimostrazione che quell’esserino a cui si è dovuto badare in tutto e per tutto è uno di noi. Non semplicemente un essere vivente per il quale proviamo affetto, ma un compagno di avventura che, come noi, inizia a manifestare l’innato bisogno di trovare un senso a ciò che incontra.
Questa ricerca di senso riguarda ogni campo della vita. E la politica non ne è esclusa. Perchè esiste il potere pubblico? Perchè c’è bisogno (o non c’è bisogno) di un governo?
Questi e altri “perchè” sono alla base delle interpretazioni che ognuno dà della “cosa pubblica”. Ma anche delle riflessioni che molti prima di noi hanno fatto e a cui, consciamente o inconsciamente, anche noi siamo debitori.
Questa rubrica vuole raccogliere, senza nessuna pretesa di sistematicità ne tanto meno di esaustività, alcune delle idee che ancora oggi ispirano il dibattito sulla politica.
L’intento nasce dal desiderio di chi scrive di andare a fondo e di evitare di cadere nella facile presunzione di sentirsi “originale” riproponendo un’interpretazione che magari si scopre avere duemila anni di storia. Avviando questa riscoperta dei classici, d’altro canto, si vuole rinfrescare la profondità e l’importanza percepita di una riflessione vecchia quanto l’uomo, ma che non potrà mai dirsi esaurita, rispetto al perchè viviamo fianco a fianco e perchè utilizziamo certe modalità rispetto ad altre.
Buona lettura! E grazie fin d’ora per i vostri commenti.