Quale democrazia per una società liquida?

Alzare la testa dalle occupazioni quotidiane per fermarsi a capire “dove si sta andando”, sappiamo tutti, è utile. È utile soprattutto per razionalizzare il nostro dispendio energetico, per capire su che cosa è più importante concentrarsi.

Allora, vale davvero la pena domandarsi quali siano le priorità di cui occuparsi per assicurare una sana evoluzione degli enti locali in una società che, evidentemente, non rimane mai uguale a se stessa. Soprattutto, in una “società liquida”, per dirla con Baumann, che fa fatica a tollerare rigidità, anche quando sono precedenti alla stessa liquidità.

In una società liquida le strutture sociali, tra cui anche le istituzioni pubbliche e i loro modi di funzionare, è bene che rivedano il loro grado di rigidità a favore di una maggiore “resilienza” (termine che, non a caso, ha avuto una fortuna notevole in anni recenti), cioè di una maggiore capacità di assolvere ai propri scopi sapendosi adattare a forze e tensioni impreviste.

Come per qualsiasi struttura fisica – un ponte, ad esempio – le parti più critiche per la sua resistenza del tempo sono le giunture, perché da esse dipende l’elasticità necessaria ad assorbire le pressioni esercitate dalle forze ambientali, anche per le strutture sociali si può partire da qualche cosa di simile. Quali sono i punti di giunzione che più scricchiolano negli enti locali di oggi e che, presumibilmente, subiranno pressioni crescenti nel futuro?

Nella ricognizione, ci aiutiamo con le 4 funzioni degli enti locali già citate in altri articoli: la funzione comunitaria, la funzione democratica, la funzione politica e la funzione di servizio.

Partiamo dal fondo.

Nella funzione di servizio, si possono riconoscere almeno 2 giunti delicati. Il primo, classico, connette la politica con l’amministrazione. Gli scricchiolii oggi dipendono, da un lato, da una classe politica dalle grandi, legittime, ambizioni di “fare la differenza” nella politica locale, ma che va incontro alla frustrazione data da una scarsa conoscenza di quanto siano ristretti gli spazi di manovra in un sistema amministrativo cresciuto in complessità. Un livello di complessità tale che, dall’altro lato, richiederebbe amministrazioni comunali ben più grandi e specializzate per potercisi muovere all’interno con agio e per supportare pienamente le ambizioni della politica.

La massa critica necessaria per disporre di competenze specialistiche adeguate alle aspettative di oggi viene costruita attraverso aggregazioni, collaborazioni con altri comuni e con una varietà di altri soggetti. Ma qui si trova un altro giunto critico, perché servono capacità, metodi e strumenti di coordinamento più sofisticati per far lavorare efficacemente in rete soggetti diversi. La funzione di servizio dipende  dalla capacità di inserirsi e di interagire in reti che consentano di colmare i crescenti bisogni di specializzazione, anche per comuni che non sono nemmeno considerati “piccoli”. Si tratta di collegare la singola istituzione locale  con le fonti dei saperi oggi necessari.

La funzione politica evidenzia 3 giunti critici. Il primo riguarda il rapporto tra le aspettative di soluzione dei problemi collettivi e l’effettivo impatto degli interventi pubblici. Gli scricchiolii sono prevalentemente dovuti alla difficoltà di selezionare ciò che è veramente importante, stanti le risorse limitate, e a quella di impostare politiche (intese come insiemi coordinati di interventi) capaci di cogliere nel segno.

Il secondo giunto interconnette le diverse componenti sociali di una comunità. Gli organi decisionali sono i luoghi deputati a trovare una sintesi tra una pluralità di opinioni, interessi, valori. E, per quanto detto poc’anzi, una buona sintesi deve mantenere anche un’elevata selettività delle decisioni finali. Non si può uscire dalle discussioni dando un contentino a tutti, che poi significa finire con lo stringere un pugno di mosche. Occorre rafforzare la capacità di trovare integrazioni.

Il terzo giunto riguarda i rapporti tra diversi livelli istituzionali. La naturale sovrapposizione di compiti e competenze trainata dalla crescente complessità deve essere frenata perché non sfoci in confusione, primo impedimento alla collaborazione.

La funzione democratica si appoggia ad un giunto classico, da manutenere continuamente: il passaggio da individuo passivo a cittadino attivo. Gli stili di vita attuali rendono sempre meno sopportabile l’impegno politico attivo. Esso richiede uno sforzo per acquisire le conoscenze necessarie a capire gli oggetti in discussione, uno sforzo per tollerare giudizi e conflitti collegati all’esposizione sociale, uno sforzo per conciliare il tempo necessario con quello da dedicare al lavoro, alla famiglia, agli hobby.

Un secondo giunto di questa funzione si inserisce tra le pretese che si hanno in quanto cittadini e il sentirsi personalmente responsabili per lo stato della comunità. La delicatezza del giunto ben si nota comparando il crescente attivismo nel far conoscere le proprie opinioni, i propri bisogni, le proprie critiche attraverso una pluralità di canali di partecipazione (non da ultimo attraverso i social network) e la resistenza ad accollarsi la responsabilità delle decisioni collettive, ad esempio assumendo cariche pubbliche.

Il giunto delicato della funzione comunitaria, infine, è quello tra vita individuale e vita sociale. L’ingaggio nella vita sociale da parte di chi abita nella comunità non può essere preteso come “dovere morale”. Occorrono condizioni che lo rendano il più semplice e soddisfacente possibile. Per individuarle, occorre scendere in profondità della psiche umana.

8 giunti, nel complesso. 8 punti su cui concentrare l’attenzione, innanzitutto per capire che cosa li rende fragili. E poi per trovare modi adatti a metterli in sicurezza, ad ingrassarli affinché non scricchiolino, ma, anzi, tengano in piedi la struttura nonostante le pressioni.

 

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