Esternalizzare l’intera struttura comunale: il caso di Barnet (Regno Unito)
Dal 1 settembre 2013 una grossa parte dei dipendenti del Barnet London Borough Council, uno degli enti locali che compongono l’area metropolitana di Londra, diventeranno collaboratori di una società privata, la Capita, che si farà carico di gestire la gran parte dei servizi comunali: servizi allo sportello, risorse umane, contabilità e paghe, IT, entrate, gestione degli immobili, acquisti e forniture.
Dal 1 ottobre, sarà la volta dell’ufficio tecnico. Ad una società del gruppo Capita sarà affidato il compito di gestire su mandato del Comune: controllo sull’edificazione, raccolta delle tasse sull’uso del territorio, pianificazione urbanistica, sviluppo urbano e riqualificazione, servizi autostradali, salvaguardia ambientale, regolamentazione del commercio e licenze commerciali, cimitero e crematorio.
Insomma, la gran parte dei servizi pubblici non verranno più erogati dalla cancelleria e dalla struttura organizzativa comunale, ma saranno esternalizzati ad una società privata che, per 10 anni, li gestirà dovendo assicurare gli standard qualitativi stabiliti nel contratto di concessione.
La promessa è che, a fronte del pagamento da parte del comune di 320 milioni di sterline per il primo contratto e di 154 per il secondo (un totale di circa 680 milioni di franchi) sui 10 anni, ci saranno risparmi pari a 237 milioni di franchi rispetto ai costi attuali.
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La Capita, infatti, non solo procederà alla riorganizzazione e all’efficientamento delle modalità di lavoro, ma realizzerà diversi milioni di investimenti in per informatizzare gli uffici.
Questi due contratti stanno facendo scalpore perché rappresentano la più grande esternalizzazione di servizi fatta da un’autorità locale nell’intera storia del Regno Unito. Una cittadina ha anche fatto ricorso all’autorià giudiziaria per bloccare l’esternalizzazione, ma a causa di un ritardo nella presentazione, il ricorso non è stato accolto. Luce verde, quindi, alla firma dei contratti, avvenuta lo scorso 6 agosto.
Certamente, sin dall’introduzione del modello del new public management all’inizio degli anni ’80, il Regno Unito ha imboccato con decisione la strada del complessivo ripensamento del funzionamento dell’amministrazione pubblica.
Con questa esternalizzazione si portano alle estreme conseguenze alcuni dei principi ispiratori del new public management. Viene messa in discussione l’identità stessa di un’amministrazione pubblica locale. Nel caso di Barnet, si mantiene all’interno la sola funzione di indirizzo politico, mentre la gestione dei servizi viene affidata praticamente in toto ad una società privata. C’è da chiedersi: quali saranno d’ora in poi i confini di un’amministrazione comunale? Continueremo ad avere Comuni con propri dipendenti ed una propria organizzazione o dobbiamo abituarci all’idea di Comuni snelli, con solo un numero limitato di collaboratori chiamati essenzialmente a due compiti:
a. supportare gli organi politici nel loro processo decisionale;
b. gestire i contratti di fornitura con società esterne incaricate di gestire i servizi.
Ripensato lo status di funzionario comunale
Con il trasferimento dei dipendenti comunali alla società privata, viene definitivamente abbandonata la distinzione di regime giuridico tra impiegati pubblici e privati. Nel Regno Unito, il processo di uniformazione era già iniziato da diverso tempo, ma la scelta di Barnet ne mette in evidenza tutte le conseguenze. I funzionari pubblici, o almeno la gran maggioranza di essi, sono lavoratori esattamente equiparati a coloro che lavorano nel settore privato: non essendo più soggetti ad un regime giuridico separato, non ci sono nemmeno più vincoli che impediscano il passaggio da un’organizzazione pubblica ad una privata.
Strettamente connessa con l’equiparazione di status tra impiegati pubblici e privati è anche l’equiparazione dell’esercizio pratico dei poteri autoritativi di un ente pubblico con qualsiasi altro tipo di servizi. Concedere una licenza edilizia non è visto come l’esercizio di un potere pubblico (che, in quanto tale, richiede una serie di cautele riassunte nei diritti e nei doveri del funzionario pubblico coinvolto), ma come la semplice attuazione di una procedura.
Il Comune “snello” sarà in grado di controllare efficacemente la qualità delle prestazioni della società privata?
E’ questa una delle domande che più spesso vengono sollevate riguardo alla scelta del Consiglio di Barnet. Non basta, infatti, che i contratti vengano sottoscritti. Occorre avere anche gli strumenti e la forza negoziale per farli rispettare. E per prendere provvedimenti nel caso di inadempienze.
Nella redazione dei contratti, il Comune si è fatto assistere da un grosso studio legale. Ma la gestione del contratto richiede anche una struttura per la rilevazione della qualità dei servizi erogati, per la verifica delle eventuali inadempienze, ecc. Non solo. Che cosa succederà alla fine dei 10 anni? Il Comune sarà ancora in grado di scegliere eventualmente un altro fornitore o sarà in qualche modo vincolato a rinnovare i contratti alla ditta attuale?
Perdendo la gestione diretta dei servizi, infatti, il Comune perderà anche l’accesso diretto al know-how e alle informazioni necessarie a capirne pienamente il funzionamento. Questo significa che sarà chiamato a prendere decisioni a fronte di un quadro informativo e ad un “sapere” più limitato rispetto all’attuale.
C’è da dire che, anche solo visitando il sito internet di Barnet, si percepisce come si sia ormai consolidata un’abitudine alla “misurazione” che ha reso disponibili molte più informazioni rispetto a quelle normalmente utilizzate nella gestione di un ente locale ticinese. E’ interessante notare, ad esempio, come a Barnet ogni due anni si definisca un Corporate Plan, un piano aziendale, che identifica gli obiettivi prioritari e li rende chiaramente misurabili grazie alla scelta di indicatori. Ogni tre mesi, viene pubblicato un rapporto che quantifica tali indicatori e ne monitora l’evoluzione.
Ad esempio, nell’ottica di assicurare la soddisfazione dei cittadini che si rivolgono al Comune, sono stati identificati alcuni indicatori. Tra gli altri, uno riguarda il tempo di risposta alle telefonate in arrivo. Si è definito l’obiettivo che il 75% delle telefonate devono trovare risposta entro 20 secondi. Il risultato del quarto trimestre 2012-13 mette in luce come, purtroppo, si è stati in grado di raggiungere solo il 65%, anche a causa di un aumento del numero di telefonate in entrata determinato dal trasferimento di alcune competenze dal governo centrale al livello locale. A sostegno della ragionevolezza dell’obiettivo del 75%, viene anche riportato il confronto con un altro ente, Richmond upon Thames, in cui il 79% delle telefonate vengono raccolte entro 20 secondi dal primo squillo.
Se si considera che al pari di questo, il Corporate plan di Barnet prevede molti altri indicatori per ciascuno degli uffici, si può immaginare quanto sia ricco il patrimonio informativo disponibile per la gestione. Tale patrimonio informativo sarà molto utile anche per regolare i rapporti con la società fornitrice e aiuterà a limitare i rischi di perdita di controllo.
insomma, con l’esperienza di Barnet, l’Inghilterra si conferma una fonte interessante di spunti per ripensare il modo di funzionare degli enti pubblici. Non è detto, ovviamente, che la strada che si sta seguendo lì sia la migliore. E’ però valido il principio: le modalità di funzionamento tradizionali di un ente pubblico possono essere messe in discussione per adeguarle alle esigenze e alle condizioni di oggi. Le strade possibili sono molte. Ma tutte certamente stimolanti.